giovedì 3 luglio 2008

APPROVAZIONE DEGLI STATUTI



(13 giugno 2008)

Non possiamo non ringraziare con profonda gratitudine e grandissima gioia il Signore e la Santa Vergine Maria per questo giorno nel quale Pietro, nella persona di Benedetto XVI, approva in forma definitiva gli Statuti del Cammino Neocatecumenale.
Oggi, 13 giugno 2008, il Card. Stanisław Riłko, Presidente del Pontificio Consiglio dei Laici, renderà noto il Decreto con cui si promulga la versione finale degli Statuti, dopo i cinque anni “ad experimentum”.
Si conclude così l’“iter”, iniziato nel 1997, su mandato del Papa Giovanni Paolo II, per dare al Cammino un “formale riconoscimento giuridico” e renderlo “patrimonio universale della Chiesa”.
Senza l’appoggio, l’aiuto e il sostegno di Pietro il Cammino non sarebbe potuto arrivare sino ad oggi.
Così Paolo VI, in un momento difficile, quando alcuni ci accusavano di ripetere il battesimo, perché facevamo il catecumenato dopo essere già stati battezzati, nella prima Udienza, l’8 maggio 1974, ci sorprese dicendo:
“… Ecco le cose post-conciliari… Vivere e promuovere questo risveglio è quanto voi chiamate una forma di catecumenato post-battesimale, che potrà rinnovare nelle odierne comunità cristiane quegli effetti di maturità e di approfondimento, che nella Chiesa primitiva erano realizzati dal periodo di preparazione al battesimo. Voi lo portate dopo: il prima o dopo, direi, è secondario. Il fatto è che voi mirate all’autenticità, alla pienezza, alla coerenza, alla sincerità della vita cristiana. E questo è merito grandissimo, ripeto, che ci consola enormemente...”.
Dalle baracche di Palomeras Altas di Madrid, dai poveri del Borghetto Latino di Roma, dalla Curraleira, zona dei miserabili di Lisbona… Quanto difficile è stato arrivare alle parrocchie di tante nazioni! Ma Giovanni Paolo II, come un angelo inviato da Dio, ci ha difeso e sostenuto fino a scrivere nella Lettera Ogniqualvolta a Mons. Cordes:
“Riconosco il Cammino Neocatecumenale come un itinerario di formazione cattolica, valida per la società e per i tempi odierni. Auspico che i Fratelli nell’Episcopato valorizzino e aiutino – insieme con i loro Presbiteri – quest’opera per la nuova evangelizzazione, perché essa si realizzi secondo le linee proposte dagli iniziatori…”.
Ma oggi la nostra riconoscenza e gratitudine va al Papa Benedetto XVI che con tanto amore ha seguito e approvato la conclusione dei lavori
Abbiamo avuto modo di conoscere il Santo Padre sin da quando era professore a Regensburg nel 1974: non solo ci accolse con grande affetto e interesse, ma aiutò in maniera determinante l’introduzione del Cammino in Germania. Abbiamo poi potuto approfondire la Sua conoscenza quando la Santa Sede ha voluto l’esame dettagliato dei contenuti teologici di tutte le catechesi relative alle diverse tappe del Cammino e il Card. Ratzinger, come Prefetto della Congregazione per la Fede, lo guidò in prima persona, fino all’approvazione degli “Orientamenti alle équipes dei catechisti” nel 2003.
Con l’approvazione di questi Statuti la Santa Sede assicura che questo itinerario di iniziazione cristiana, reso possibile dalla riscoperta del catecumenato nel Concilio Vaticano II, e vissuto in piccole comunità, sia tutelato nei suoi caratteri specifici e nella sua continuità, offrendo ai Vescovi “i principi base di attuazione del Cammino Neocatecumenale in fedeltà al suo progetto originario” (Giovanni Paolo II, Castel Gandolfo, 21 settembre 2002).
L’iter di approvazione si è protratto perché il Cammino Neocatecumenale, quale strumento per l’iniziazione cristiana degli adulti, produce frutti di diversa natura – dal rinnovamento delle parrocchie alla figura dei catechisti itineranti e delle famiglie in missione; dalla formazione di presbiteri per la nuova evangelizzazione nei più di settanta seminari diocesani “Redemptoris Mater” nel mondo, alla nuova esperienza della missio ad gentes in Europa, Asia e America – interessando con ciò le competenze di ben 5 diversi dicasteri vaticani: la Congregazione per la Dottrina della Fede, la Congregazione per il Culto Divino ed i Sacramenti, la Congregazione per il Clero e la Catechesi e la Congregazione per l’Educazione Cattolica, che hanno esaminato con cura gli Statuti, insieme al Pontificio Consiglio per i Laici, che ha coordinato e concluso il processo.
Dopo l’approvazione degli Statuti, davanti alle grandi sfide che attendono la Chiesa, siamo lieti di poterci offrire al Santo Padre ed ai Vescovi, per la nuova evangelizzazione e la trasmissione della fede alle nuove generazioni.
Pregate per noi.


3 commenti:

Anonimo ha detto...

Era Ora!!!!
finalmente gli statuti sono stati depositati!!!
Adesso voglio vedere cosa varanno tutti i Vecovi e i Sacerdoti, (in particolare il nostro, Don Gabriele), che in tutti questi anni, hanno sparato a zero sul cammino, adesso invece è lo stesso papa che consiglia a tutti, dico a tutti, di aprire in tutte le parrocchie il Cammino Neocatecumenale, in quanto frutto dello Spirito Santo.
ciao
isola4ever

Max73 ha detto...

Caro isola4ever
sono felice che qualcuno cominci a lasciare dei commenti sul mio blog, ma preferirei che lasciaste il vostro id o account, e non nascondervi sotto l'anonimato, poi fate come volete!!!

Max73 ha detto...

Il rinnovamento del battesimo, risposta alla secolarizzazione

Intervista a Kiko Argüello, iniziatore del Cammino Neocatecumenale

di Inmaculada Álvarez

PORTO SAN GIORGIO, lunedì, 30 giugno 2008 (ZENIT.org).- In occasione dell'approvazione definitiva degli Statuti del Cammino Neocatecumenale, uno dei suoi iniziatori, il pittore spagnolo Kiko (Francisco Gómez) Argüello, ha concesso un'intervista a ZENIT in cui spiega il cuore di questo cammino di rinnovamento battesimale, oggi diffuso nei cinque continenti.

Cosa implica il riconoscimento definitivo degli Statuti?

Kiko Argüello: Una grande gioia e una profonda gratitudine al Signore e alla Santa Vergine Maria che ci ha sempre aiutati. E soprattutto a Pietro nella persona di Benedetto XVI, che è colui che ha ratificato gli Statuti.

Per noi è una conferma di quarant'anni di Cammino in tutto il mondo. Dalle baracche di Palomeras Altas a Roma nel Borghetto Latino, aspettando che il Signore manifestasse la sua volontà, e anche in uno dei quartieri più poveri di Lisbona. Fino a questa approvazione definitiva c'è stato un percorso di sofferenze, di persecuzioni, di processi, ecc., che alla fine ha dato i suoi frutti.

Nel decreto di approvazione si dice che il Cammino Neocatecumenale risponde alle intuizioni del Concilio Vaticano II. In che senso?

Kiko Argüello: Noi pensiamo che il Cammino sia stato suscitato da Dio per mettere in pratica il Concilio nella vita delle parrocchie. Nella prima riunione che abbiamo avuto con la Congregazione per il Culto Divino, quando sono state esaminate per la prima volta le celebrazioni che facevamo (all'epoca si accusò il Cammino di “ripetere” il sacramento del battesimo, il che non era vero), il Comitato di esperti, che stava studiando l'elaborazione dell'Ordo Initiationis Christianae Adultorum, rimase molto sorpreso di ciò che stavamo facendo, perché lo Spirito Santo stava già realizzando quello che essi cercavano di plasmare.

Padre Gottardo Pasqualetti, esperto in Liturgia, venne a una nostra Eucaristia. In seguito il segretario della Congregazione mi chiamò per avvisarmi che avrebbero fatto una laudatio in latino per tutta la Chiesa. In essa si diceva che se Dio non suscita carismi che mettano in pratica il Concilio è impossibile realizzarlo.

Quando la Congregazione ha studiato il Cammino, la prima cosa che ha visto è che era un dono di Dio per portare nelle parrocchie il Concilio Vaticano II, non un progetto umano. E questo viene raccolto nel testo della laudatio: se dopo il Concilio di Trento Dio non avesse suscitato carismi per attuare la riforma conciliare, questa sarebbe stata molto difficile, e lo stesso accade nel caso del Concilio Vaticano II: “praeclarum exemplar… nelle Communità Neocatecumenali”.

Un altro aspetto è l'amore per la Scrittura, di cui si parlava nella Costituzione Dei Verbum. Nel Cammino questo è evidente, ha delle chiavi ermeneutiche di interpretazione della Scrittura che permettono la riscoperta dell'Antico Testamento in connessione con il Nuovo, oltre al fatto di poter aiutare il rinnovamento liturgico, quello pastorale, ecc.

Bisogna anche sottolineare lo spirito ecumenico affiorato attraverso il Cammino; la Chiesa ortodossa ha mostrato molto interesse.

Perché la catechesi battesimale è la chiave per l'evangelizzazione dell'uomo di oggi?

Kiko Argüello: Perché il battesimo ci apre le porte della Chiesa, della partecipazione alla natura divina. Come dice San Paolo, la carità di Cristo ci spinge a pensare che se Cristo è morto per tutti, tutti sono morti, ed è morto per tutti perché quanti vivono non vivano più per sé, ma per Colui che è morto e risorto per loro.

Il problema dell'uomo di oggi è che, a causa del peccato originale, vive tutto per sé, si è posto al centro dell'universo, sostituendo Dio come centro del suo essere, e non si rende conto di vivere schiavo, condannato a vivere per se stesso. Ciò provoca una sofferenza profonda, perché la verità è un'altra, che Dio è l'amore totale, la donazione totale all'altro mostrata in Cristo; l'uomo soffre perché non ama come Cristo.

Nei Paesi in cui si è negata per anni la trascendenza, in cui è stato negato Dio, come nei Paesi ex comunisti, il tasso di suicidi è molto alto, perché la felicità è vivere nella verità, e la verità è l'amore. E questo peccato originale può essere cancellato solo attraverso il battesimo.

Per questo è molto importante richiamare gli uomini alla fede, mediante la predicazione, l'annuncio del kerygma, l'annuncio di Cristo morto e risorto. Quando Pietro fa questo annuncio, il giorno di Pentecoste, la gente si commuove e gli domanda cosa deve fare. Pietro risponde: “Fatevi battezzare e riceverete il dono dello Spirito Santo”.

I primi fonti battesimali erano piscine (il Concilio torna a parlare di immersione), nelle quali il neofita scendeva attraverso dei gradini. Questa prima forma di battesimo rappresenta perfettamente il significato di questo sacramento, la morte dell'uomo vecchio e la resurrezione a vita nuova, all'uomo rigenerato dallo Spirito Santo, che può amare e donarsi. Per questo Cristo crocifisso è la vera immagine dell'uomo libero.

E' questa, dunque, la risposta alla secolarizzazione?

Kiko Argüello: Certo. Come può l'uomo essere libero dal peccato che agisce in lui? Solo Cristo può liberare l'uomo, far sì che possa amare gli altri, renderlo partecipe della sua natura divina. E' qualcosa di splendido che cambia la vita dell'uomo. Bisogna raccontarlo a tutti, rievangelizzare il mondo.

Come diceva Papa Giovanni Paolo II, questa nuova evangelizzazione richiede nuovi metodi, nuovi contenuti, e questo è ciò che ha suscitato Dio attraverso questo Cammino. Ora che sono stati approvati gli Statuti, possiamo offrire il Cammino ai Vescovi e a tutta la Chiesa, per portare avanti la Nuova Evangelizzazione.

Il Cammino è diverso nella sua forma giuridica da altri movimenti esistenti, visto che non è un'associazione di fedeli. Potrebbe spiegare che tipo di figura ha adottato?

Kiko Argüello: Una delle novità del Cammino, come ha spiegato monsignor Arrieta, membro del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, è proprio il fatto che gli è stata riconosciuta una personalità giuridica pubblica, vale a dire che agiamo a nome della Chiesa.

La forma che adotta è quella della base dei beni spirituali. Finora le basi si fondavano su patrimoni di tipo materiale, a differenza del Cammino, che gestisce un bene della Chiesa che è il catecumenato degli adulti, secondo le tappe segnalate dai suoi iniziatori.

Si fonda sul Vescovo, visto che chi ha piena potestà per quanto riguarda l'iniziazione cristiana è il Vescovo diocesano. Il Cammino non possiede quindi alcun bene materiale. Il titolare dei beni è la Diocesi. Il Cammino è, come dice il decreto di approvazione, uno strumento, un itinerario di catechesi che si offre al Vescovo per l'evangelizzazione dei più lontani.

Nelle celebrazioni liturgiche, il Cammino Neocatecumenale introduce una serie di novità che in alcuni casi hanno provocato frizioni, come il cambiamento di luogo del rito della pace, la forma di fare la Comunione o le celebrazioni notturne, soprattutto la Veglia pasquale, in cui l'Eucaristia dura fino all'alba. Potrebbe spiegare da cosa dipendono questi cambiamenti?

Kiko Argüello: Questi cambiamenti non sono novità, ma presuppongono un ritorno a tradizioni antiche. In tutta la Chiesa d'Oriente, il rito della pace ha luogo dopo la preghiera dei fedeli, seguendo la frase del Vangelo “prima di presentare la tua offerta sull'altare vai a riconciliarti con il tuo fratello”.

Visto che il nostro è un itinerario catecumenale aperto a quanti sono lontani dalla Chiesa, in una comunità cristiana in cui appaiono i nostri problemi e difetti più profondi, il rito della pace, con la presenza del Corpo di Cristo, era complicato perché la gente si muoveva molto per andare a perdonare, a riconciliarsi con qualche fratello. Ci siamo allora chiesti se era possibile trasferire il rito nel momento attuale, come sapevamo che si faceva nel rito ambrosiano, per non spezzare la solennità del momento della Comunione, e questo è stato compreso perfettamente.

Quanto alla Veglia pasquale, lo stesso Concilio ne ha favorito il recupero. Molti teologi e liturgisti hanno insistito sull'importanza di questa notte in cui non si dorme, la notte della Pasqua, della nostra salvezza. Celebrare questa notte ha aiutato molti fratelli di Madrid, ad esempio, che andavano in vacanza dopo il Venerdì Santo (in Spagna sono giorni festivi) a vivere in modo nuovo la Settimana Santa.

In questo, come in tante altre cose, abbiamo sempre agito con buone intenzioni, cercando di aiutare l'uomo di oggi a riscoprire la sua fede e a vivere il Vangelo.

Una delle accuse che si rivolgono al Cammino è che le comunità “vivono” al margine della parrocchia.

Kiko Argüello: E' proprio il contrario! Il Cammino nasce nella parrocchia, vive in essa ed è al suo servizio. Lo Statuto definitivo indica anche che le Eucaristie che celebrano le comunità neocatecumenali fanno parte della pastorale liturgica della parrocchia e sono aperte a chiunque voglia partecipare.

Vivere la fede in una piccola comunità è importantissimo; i fratelli si conoscono, si aiutano anche economicamente, pregano insieme. Uno dei più grandi problemi dell'uomo moderno è la solitudine. C'è molta gente che vive sola nelle città. Come nei primi tempi del cristianesimo, la testimonianza dei cristiani attraverso l'amore reciproco è necessaria. Era ciò che sorprendeva i pagani, che dicevano: “Guardate come si amano”. Come dice San Paolo, il cristiano è chiamato ad amare l'altro, ma soprattutto il fratello nella fede.

Bisogna anche tener conto del fatto che molte persone che entrano nel Cammino erano lontane dalla fede, sono “figlioli prodighi” che tornano alla Casa del Padre, e bisogna avere misericordia nei loro confronti perché la loro fede maturi e possano integrarsi pienamente nella parrocchia. In questo senso, è molto importante l'opera dei parroci, per spiegare questo e non far nascere sospetti.

Un'altra questione che richiama l'attenzione sono le immagini religiose proprie del Cammino, che in realtà sono icone di origine cristiana orientale, che lei ha riprodotto e contribuito a diffondere. Perché questo tipo di arte e non un altro?

Kiko Argüello: Perché manca una sintesi, un'inculturazione della fede, un'estetica che oggi non c'è in Occidente. E' molto importante che la Chiesa rifletta sull'estetica con la quale pensa di evangelizzare il mondo.

In passato, la Chiesa ha avuto la sua estetica, nell'arte bizantina, nel barocco, nel romanico o nel gotico. Oggi non esiste, si costruiscono parrocchie che esteticamente non hanno significato. La Chiesa partecipa allo stesso sconcerto culturale che domina nell'arte occidentale.

Noi abbiamo visto che recuperare la tradizione è molto importante. Fino all'arrivo del Rinascimento, fino a Cimabue, l'estetica di Oriente e Occidente era comune. Con Giotto inizia una separazione che dura fino ai giorni nostri, e il motivo fondamentale è che l'arte occidentale perde il canone. Prima un autore non poteva dipingere come voleva l'arte sacra, perché non aveva una ragione meramente estetica ma anche evangelizzatrice. Per questo doveva basarsi su un canone,e questo in Oriente si è conservato.

Il recupero di questo tipo di arte nel Cammino obbedisce quindi a due questioni: la prima, il recupero del canone, la seconda, tendere ponti con la Chiesa d'Oriente. Per questo per noi è molto importante come si costruiscono i templi, con un'estetica determinata che rimanda all'arte orientale, in cui i dipinti formano una “corona misterica” che raccoglie i momenti più importanti della vita di Cristo, in cui l'Eucaristia rende presente il Cielo sulla terra... A poco a poco, con molte difficoltà, abbiamo recuperato questo aspetto.

Questo avvicinamento alla Chiesa orientale ha un significato ecumenico che non era presente all'inizio del Cammino?

Kiko Argüello: In effetti siamo sorpresi dai miracoli che stiamo vedendo. Non avremmo mai pensato di aprire seminari, e già ne abbiamo circa 70, né pensavamo alla missione “ad gentes” ....

Anche la Chiesa ortodossa, che è presente in questa regione, si è interessata, perché ha visto che la nostra catechesi è la stessa e si è identificata con la nostra estetica, perfettamente orientale. Gli ortodossi sono venuti a vedere il murale sul Giudizio Universale che abbiamo dipinto nella Domus Galilaeae e si sono sentiti a casa propria, con lo stesso spirito. Erano molto sorpresi e si chiedevano cosa succede nella Chiesa cattolica. E ciò che accade è semplicemente quello che diceva il Concilio Vaticano II, lo spirito che ha il Papa, la comunione tra le Chiese.

Come nasce la Domus Galilaeae, la Casa che il Cammino ha aperto in Galilea, sul Monte delle Beatitudini?

Kiko Argüello: Questa Casa, costruita su terreni della Custodia di Terra Santa, è nata dal desiderio di accogliere i fratelli delle comunità che terminavano il Cammino (l'ultima tappa di questo “itinerario battesimale” consiste nel rinnovamento solenne delle promesse battesimali la notte di Pasqua davanti al Vescovo, dopodiché la comunità intera compie un pellegrinaggio di vari giorni in Terra Santa).

Anche in questo, tuttavia, siamo stati superati, perché questa Casa si sta rivelando un ponte imprevisto tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico. Quest'anno sono venuti a visitarci circa 700 pullman pieni di ebrei e sono rimasti sorpresi vedendo che lì abbiamo la Torah, i Dieci Comandamenti, in relazione alle Beatitudini, che cantiamo lo Shemà (un canto che raccoglie in ebraico il primo comandamento della legge di Dio: “Ascolta, Israele, amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze”).

Il Ministro del Turismo di Israele è venuto a conoscerci e ci ha chiesto da dove venisse questo amore per il popolo ebraico. Io ho risposto che per i cristiani la storia del popolo ebraico è come un “catecumenato” che porta a Cristo, e per questo le radici del cristianesimo sono ebraiche. Nel Cammino risuonano con forza le parole di Giovanni Paolo II per cui gli ebrei sono “nostri fratelli maggiori nella fede”, evitando di giudicarli, visto che lo stesso San Paolo spiega che è stato posto loro come un “velo” perché non riconoscessero il Messia.

Un altro degli aspetti caratteristici del Cammino è, come diceva, il carattere missionario, con la creazione dei seminari diocesani missionari “Redemptoris Mater” o le famiglie in missione. Potrebbe spiegare in cosa consistono?

Kiko Argüello: I “Redemptoris Mater” sono seminari diocesani, del Vescovo, con la particolarità, come segnalava l'ex Arcivescovo di Madrid, il Cardinale Suquía, che la Diocesi deve respirare “con due polmoni, uno diocesano e l'altro per il mondo”. Il Concilio Vaticano II, agli articoli 9-10 della Presbyterorum Ordinis, dice che nell'ordinazione di ogni sacerdote deve esserci “la sollecitudine di tutte le Chiese”.

I seminaristi di un “Redemptoris Mater” sanno che possono essere inviati in ogni luogo del mondo, dove i Vescovi li richiedono, ma questi seminari sono del Vescovo, noi non abbiamo alcuna autorità sul clero.

Quanto alle famiglie in missione, l'iniziativa è nata dopo il Sinodo dei Vescovi d'Europa nel 1985, quando Giovanni Paolo II, analizzando la situazione della secolarizzazione dell'Occidente, soprattutto per quanto riguarda la distruzione della famiglia, disse ai Vescovi, sorprendentemente, che lo Spirito Santo stava già rispondendo a questa necessità e che era necessario lasciare i modelli di evangelizzazione di sempre e vedere dove lo Spirito stesse suscitando la risposta. Da allora, famiglie del Cammino son andate nei luoghi in cui i Vescovi le hanno richieste.

Da ciò deriva la “missione ad gentes” sorta negli ultimi anni. Il Papa aveva anche parlato di tornare al primo modello apostolico, che nasce intorno alle case e in piccole comunità. Negli Atti degli Apostoli troviamo varie di queste comunità, come nel caso di Ninfa, o di Aquila e Priscilla. Noi nel Cammino abbiamo visto che tornare a questo modello è molto importante, soprattutto in quei luoghi in cui la secolarizzazione ha cancellato tutte le tracce di cristianesimo, per una nuova “implantatio ecclesiae”. Per questo sono come sempre i Vescovi a chiedere questa missione, e partono varie famiglie con i loro figli, accompagnate da un sacerdote.

Ma c'è di più, ed è che abbiamo anche visto la necessità di inviare “comunità in missione”, vale a dire comunità che hanno terminato il Cammino, già mature nella fede, che vengono inviate, su richiesta dei parroci, in parrocchie che attraversano difficoltà, per aiutarle. Ad esempio, a Roma ci sono 12 comunità che si sono offerte al Vicario per andare nelle parrocchie di periferia più bisognose.

L'approvazione degli Statuti presuppone quindi un punto di arrivo, ma anche un punto di partenza. Cosa vi aspetta ora?

Kiko Argüello: Ciò che ci aspetta è poterci offrire ai Vescovi, già con la garanzia che si tratta di qualcosa della Chiesa, per la nuova evangelizzazione. Ciò che ci aspetta è fare un salto verso la nuova evangelizzazione, perché la felicità consiste nel dare la vita per gli uomini, ed è a questo che noi cristiani siamo chiamati.